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Tra la strategia Aree interne e altri investimenti programmati, oltre 50 milioni in 3 anni per l’Appennino

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Erano attese, e ci sono state anche le contestazioni, ma al di là del comprensibile dissenso legato alla chiusura del punto nascite del Sant’Anna, la serata di ieri ha rappresentato una tappa importante per il futuro della montagna. E’ stato presentato il documento programmatico per la strategia nazionale Aree Interne riguardante l’Appennino reggiano, che porterà nel prossimo triennio investimenti in settori centrali per lo sviluppo locale. “E’ una grande sfida – ha spiegato il Presidente dell’Unione dei Comuni e Sindaco di Castelnovo Monti, Enrico Bini – che abbiamo voluto cogliere e giocare fino in fondo. E’ anche una grande responsabilità: non credo si ricordi un importo così alto a sostegno dell’economia appenninica in un periodo così concentrato. Se sapremo fare le scelte giuste segneremo opportunità di futuro per il territorio. Non dobbiamo sbagliare”. La serata al Teatro Bismantova ha visto gli interventi, oltre che di Bini, del Presidente della Provincia Giammaria Manghi, dell’Onorevole Enrico Borghi, Consigliere del Governo per la Strategia Aree Interne e del Presidente della Regione Stefano Bonaccini. Il documento programmatico è stato realizzato in collaborazione con il Consorzio Caire, mentre gli investimenti sono sostenuti con fondi europei e della Regione Emilia-Romagna. “Il titolo che abbiamo voluto dare al documento e al progetto – ha proseguito Bini introducendo la serata – è “La montagna del latte”, che vuole essere un filo conduttore incentrato sullo sviluppo, a partire dagli importanti progetti sulla filiera del Parmigiano Reggiano, dalle prospettive nate anche grazie alla creazione di una nuova Associazione d’Impresa composta da 45 latterie sociali e aziende attive nella filiera, e con tanti giovani operatori. Un’idea alla quale si lavorava da 20 anni senza riuscire a concretizzarla che ora è realtà. Ma ridurre il progetto aree interne solo a questo settore sarebbe limitante: ci sono azioni sulla mobilità, la scuola e la formazione per un maggiore rapporto con le imprese locali, la banda ultralarga che è la base per creare nuovo sviluppo e lavoro in montagna, servizi di prossimità, sanitari e sociali, sostegno a progetti come nuove cooperative di comunità, seguendo l’esempio di grande successo dei Briganti di Cerreto e della Valle dei Cavalieri di Succiso”. Bini a proposito dei Briganti di Cerreto ha rivolto un commosso ricordo anche a Davide Tronconi, il tecnico Saer rimasto vittima di un incidente e scomparso giovedì, salutato da un lungo applauso. Dopo l’intervento di Bini sul palco sono salite alcune mamme in rappresentanza dei cittadini che hanno manifestato contro la chiusura del punto nascite, che hanno consegnato al Presidente Bonaccini le foto dei loro figli nati al Sant’Anna, e a seguire due rappresentanti dei ragazzi degli istituti superiori castelnovesi che nei giorni scorsi hanno manifestato a sostegno del servizio. “Abbiamo voluto esprimere il nostro malessere per questa decisione, che continuiamo a non condividere – hanno detto – e che sul momento ci è sembrata quasi una spinta ad andare via dal territorio. Giovedì pomeriggio abbiamo partecipato all’incontro in cui abbiamo ascoltato l’intervento dell’Assessore Sergio Venturi sull’ospedale, se le promesse fatte verranno mantenute siamo più fiduciosi per il nostro futuro. Il piano per le Aree interne è assolutamente interessante, per cui cercheremo di partecipare alla fase di realizzazione, perché siamo fieri di essere parte di questa comunità”.

A seguire è intervenuto il Presidente della Provincia Giammaria Manghi, che ha annunciato alcuni importanti interventi in particolare sulla viabilità: “E’ un evento molto importante che si investano sull’Appennino per le Aree interne 30 milioni di euro in un triennio. E’ una attribuzione talmente vasta che forse mai si era vista in un colpo solo su un territorio così definito e ristretto. La comunità ci chiede giustamente gli impegni precisi, ognuno per il proprio ruolo: io rappresentando la Provincia che oggi è un Ente in grande difficoltà finanziaria ma ci sono alcuni investimenti molto importanti che stiamo anche noi sostenendo in Appennino. Per fare esempi concreti: il secondo stralcio della variante del Ponte Rosso, che nei primi 6 mesi del 2018 sarà terminata. Ce lo eravamo assunti come impegno prioritario e siamo riusciti a sostenerlo dismettendo patrimonio di proprietà dell’Ente. Stiamo lavorando ad un accordo con Anas sulla statale 63, per tre stralci di lavori tra Vezzano e il Bocco, con adeguamento e revisione del tracciato. Dei nostri 630 ponti di pertinenza avevamo grossi problemi su quello di Rio Sologno, che necessitava di lavori per 800 mila euro per il pieno ripristino al traffico. In questi giorni abbiamo trovato i fondi, grazie a una compartecipazione al 50% tra Regione e Provincia, e anche questo intervento sarà realizzato entro metà 2018. Sulla sicurezza scolastica è previsto l’adeguamento sismico istituto Cattaneo – Dall’Aglio. Non vogliamo chiudere la montagna, anzi l’opposto. Ho molto rispetto per chi ritiene una sconfitta la chiusura del Punto nascite e capisco il pathos emotivo che ha causato, è un dissenso che va compreso. Ma noi dobbiamo rifarci alle indicazioni dei medici e professionisti: io lo faccio quotidianamente anche nel mio lavoro, se non ci fidiamo di chi ha le competenze non prendiamo scelte giuste. Cogliamo i segni di impegno sulla sanità in montagna, i 4 milioni di investimenti previsti sull’ospedale”.

L’Onorevole Borghi ha invece affermato: “Oggi le aree interne individuate in tutta Italia sono 71, e quando andiamo a presentare progetti e interventi il timore più grande che abbiamo è trovarci davanti a delle comunità spente, attendiste. Invece quando c’è reattività, anche polemica, significa che c’è volontà di protagonismo, e questo è un segnale comunque sempre positivo. Con questa strategia abbiamo scardinato un vecchio modello di intervento sui territori, in voga dagli anni ’70 fino ai primi anni 2000, in cui nelle comunità che erano rimaste, si puntava a salvare il salvabile con una serie di risposte che immaginavano i territori montani come periferici, marginali, ultimi. Le risorse venivano erogate a pioggia con progetti generici. Dal 2008 al 2011 la riduzione delle risorse ha colpito molto queste aree. E’ stata la fine di quella modalità assistenzialista, senza un reale protagonismo dei territori, che è quello che abbiamo cercato con questa strategia. La montagna italiana è fatta di realtà composite, con alcune realtà di forte produzione, grande sviluppo, e aree vicine che invece sono in grave difficoltà. La risposta a queste complessità doveva essere per forza il coinvolgimento delle comunità. Qui siete riusciti, sulla base dei finanziamenti europei e regionali, a mettere in moto una serie di collaborazioni e progetti che arrivano a coinvolgere 30 milioni di euro, che è più del doppio della media delle altre aree interne, ed è un segnale estremamente interessante”.

Ha concluso il Presidente Bonaccini, che ha illustrato gli importanti traguardi economici raggiunti dall’Emilia Romagna in termini di Pil ed esportazioni, in cui “oggi siamo la prima Regione italiana, davanti anche a Lombardia e Veneto, e tra le prime nei cinque maggiori Paesi europei”, e ha poi aggiunto: “Non vorrei che alla fine attirasse maggiore attenzione la contestazione, che pure comprendo e accetto, che questo progetto importantissimo. Un’azione che crea opportunità di lavoro, che rappresenta il primo livello di intervento per mantenere le persone a vivere in montagna, insieme alla tutela dei servizi alla persona e della salute che non abbiamo la minima intenzione di trascurare, anzi. La discussione è legittima ma noi non facciamo scelte per avere l’applauso e cinque voti in più domani, ma che garantiscano invece tra 20, 25 anni ai nostri figli di vivere con orgoglio in questo territorio. Quello che non voglio ci venga detto, è che abbiamo promesso e non abbiamo fatto, poi posso anche prendermi le offese. Quello che annunciamo noi siamo abituati a realizzarlo”. E ha poi concluso: “Qui ci sono delle opportunità enormi su cui intervenire. Il turismo ad esempio: essere area Mab Unesco è una opportunità splendida, che farà crescere nei prossimi anni opportunità di lavoro. Ci sono a disposizione milioni di euro per l’agricoltura di montagna. Attraverso i fondi regionali sul Psr abbiamo realizzato diversi bandi, e continuiamo a farlo, che offrono 50 mila euro a fondo perduto ai giovani che aprono una azienda agricola. Sono risorse che tutte le volte ci troviamo a finire rapidamente, perché oggi tanti giovani tornano alla terra, con competenze e un appeal nuovo, un settore in cui l’occupazione è in crescita dopo anni di calo, e che ha effetti a ricaduta sul dissesto e la cura del territorio. In Italia il ritardo digitale ci pone agli ultimi posti in Europa. Ora su questo capitolo sono stati stanziati 180 milioni dal Governo, e noi ne mettiamo altri 26. Entro il 2020 tutto il territorio montano emiliano romagnolo sarà coperto dalla banda ultra larga a 30 mega, i tre quarti con banda a 100 mega, la fibra sarà in tutte le scuole e le aree produttive. L’Appennino reggiano grazie alla strategia aree interne arriverà a questo risultato entro il 2018”. Ha poi annunciato: “Tornerò due volte a Castelnovo prima di Natale, per un incontro su tutti i progetti legato allo sviluppo infrastrutture, alle imprese, al lavoro. E un altro dedicato alla sanità, ai servizi e al Sant’Anna. Sottolineo però che abbiamo una delle migliori sanità pubbliche in Europa. In questi anni è stato assunto dalle Asl molto personale, lo faremo anche a Castelnovo, il che significa persone che vivranno e lavoreranno qui. Non chiuderemo nessuno ospedale. Li specializzeremo, tenteremo di renderli i migliori possibili. Non siamo però onniscienti per poterci occupare di tutto senza gli esperti. Ovviamente per una scelta che è stata molto difficile ci siamo fidati della comunità medica e scientifica. Che motivi avrei avuto per elaborare un disegno diabolico per chiudere un punto nascite? Abbiamo seguito le indicazioni dei professionisti, delle commissioni preposte. La scelta compiuta non è stata politica, bensì tecnica, solo per la sicurezza. Ci sono risorse per potenziare l’ospedale e potranno essercene anche di più. Se fosse stata una questione economica a spingere per la chiusura dei punti nascite, non avremmo invece scelto di investire sull’ospedale. Scegliamo insieme su quali reparti e servizi. Ma prendiamo anche atto che non c’è mai stata sul territorio una iniezione così robusta di capitali: tra fondi aree interne, investimenti sulle infrastrutture, la banda ultralarga, il rafforzamento dell’ospedale si arriva oltre 50 milioni, per poter continuare con orgoglio ad abitare la montagna. Se si sbagliano le battaglie, si può cercare di mantenere una cosa che sembra la più importante oggi, ma si perdono altre condizioni che garantiscano alla gente di continuare a vivere qui”.